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Intervista a Riccardo Rossi, fondatore di Red Fluid Dynamics

Abbiamo avuto il piacere di incontrare e porre alcune domande a Riccardo Rossi, Fondatore di Red Fluid Dynamics (società di consulenza per la progettazione e lo sviluppo di prodotti e processi che coinvolgono la fluidodinamica, cioè il moto dei fluidi come l’aria e l’acqua), ma soprattutto un appassionato di surf.

Riccardo, ci puoi raccontare come nasce la tua passione per il surf?

È cominciato tutto per caso, in California. Era il 2009 e avevo già iniziato da due anni a passare i mesi autunnali all’Università di Stanford in California come ricercatore in visita. Un giorno, durante quell’anno, uno studente appena entrato nel nostro gruppo mi chiese se avessi voluto provare a surfare. Da quel momento, dopo essere entrato per la prima volta in acqua a Pacifica, vicino San Francisco, il surf è diventato una parte fondamentale della mia vita.

Riccardo Rossi

Qual è il luogo dove ami maggiormente “cavalcare” le onde?

Pur avendo avuto la possibilità di surfare in giro per il mondo, sia in Europa che in Africa e ovviamente negli Stati Uniti, credo che il mix di onde, paesaggi, cultura e stile di vita che caratterizza l’ Italia, e soprattutto la Sardegna, sia davvero difficile da ritrovare in altri luoghi. Però Santa Cruz avrà sempre un posto speciale nel mio cuore.

Sappiamo che sei un riminese doc, siamo curiosi quindi di sapere come mai hai deciso di lasciare la tua città natale per trasferirti a Cagliari.

La Romagna è bellissima. Non solo perché è la mia terra, ma perché oltre alla bellezza dei paesaggi, dal mare alle colline che condivide con tutte le altre regioni italiane, è lo spirito dei Romagnoli a renderla unica. Credo lo si sia potuto capire anche durante la recente alluvione che ha colpito molte zone della regione, i romagnoli si sono prontamente dati da fare per ricominciare. Però, per chi come me ha la passione per il surf, la scarsa frequenza e la bassa qualità delle onde, costringe a trasferte continue per poter progredire nel proprio livello.

Per questo motivo, dopo aver avuto l’occasione di trascorrere periodi prolungati in Sardegna per lavoro, e anche per surfare, ho deciso di trasferirmi a Cagliari, dove vivo da due anni. Il bello del mio lavoro è che è possibile gestirne molti aspetti a distanza, è sufficiente avere accesso ad una buona connessione internet.

Sardegna, qui risiede Riccardo Rossi esperto di fluidodinamica e surf

Quanto, i tuoi studi, la tua permanenza e i tuoi viaggi negli USA hanno influito sulle tue scelte personali e/o professionali? Ti va di raccontarci qualche aneddoto?

I viaggi negli USA sono stati fondamentali e hanno determinato uno di quei punti di svolta che ha dato nuove direzioni alla mia vita. Gli anni trascorsi presso il Center for Turbulence Research della Stanford University mi hanno dato la possibilità di specializzarmi presso uno dei centri più importanti al mondo nel campo della simulazione fluidodinamica, il che mi ha poi permesso di fondare e far sviluppare RED. Credo però che se  non avessi incontrato David, lo studente che mi chiese di surfare quel giorno ormai lontano, forse il surf non sarebbe mai entrato nella mia vita.

Oggi si parla molto di sostenibilità. Come, secondo te, i surfisti possono venire incontro all’ambiente?

Così come in molti altri settori, anche nel surf si è sviluppata una grande sensibilità per l’impatto ambientale dato anche lo stretto rapporto tra i surfisti, il mare e la natura in generale. Il surf, però, impone frequenti trasferte in auto e/o in aereo ed i materiali utilizzati per la produzione delle tavole, delle pinne e delle mute possono avere un impatto ambientale notevole, sia durante la loro produzione che durante il loro smaltimento. Molte aziende hanno però cominciato a sperimentare tecnologie e materiali alternativi e innovativi per cercare di limitare quanto più possibile l’effetto nocivo sull’ambiente.

test sulle tavole da surf con studi di termodinamica

La diversità e l’inclusione sono due componenti fondamentali di una società sana. Nel contesto dell’ecosistema sportivo, ritieni si siano create le condizioni di parità per tutti i surfisti, indipendentemente dal loro background, genere, razza o etnia?

Nelle sue origini il surf, prima ancora che uno sport, è stata una pratica svolta nella società Hawaiiana strettamente legata, e vincolata, al ruolo delle persone nella società stessa. Nonostante fosse consentito sia agli uomini che alle donne e ai bambini di praticarlo, solo la famiglia reale poteva avere accesso ai luoghi in cui le onde erano migliori e persino le tavole utilizzate dovevano rispettare una gerarchia, in particolare più lunghe per chi aveva un rango sociale più alto.

Ai giorni nostri questo ha portato al concetto di localismo, che dovrebbe essenzialmente declinarsi nel rispetto per i surfisti del luogo in cui si vanno a cercare le onde  lasciando loro la precedenza sulle onde migliori. Dico dovrebbe, perché spesso questo concetto viene portato all’estremo, con una vera e propria proibizione di entrare in acqua per chi non è del luogo, esagerazione che va esattamente contro una sana inclusione.

Per quanto riguarda la parità di genere, come purtroppo in molti altri settori e ambienti della nostra società, credo ci sia ancora molto lavoro da fare sull’inclusione delle donne, anche se noto che le nuove generazioni hanno sviluppato una sensibilità diversa in questo senso. Credo poi valga la pena segnalare che la World Surf League (la lega mondiale del surf che organizza il campionato del mondo maschile e femminile) è stata la prima lega professionistica USA a stabilire la parità dei premi in denaro per gli uomini e per le donne.

La tua passione per il surf sembra abbia avuto una forte influenza sulle tue scelte professionali. Ci racconti più in dettaglio di cosa ti occupi e gli studi che hai effettuato in merito alla fluidodinamica delle tavole da surf?

Diciamo che cruciale è stato l’incontro tra la mia esperienza accademica e la passione nata per il surf, una scintilla scoccata proprio in uno dei periodi trascorsi a Stanford. Era il 2014 e ricordo perfettamente il momento in cui, nella mia stanza in una casa di Palo Alto, vidi su YouTube il filmato di un blogger che descriveva, nei minimi dettagli, il modo in cui l’acqua si muoveva attorno ad una tavola da surf.

In quel momento ho pensato che l’industria del surf facesse già uso della simulazione fluidodinamica, ma così non era. Ho quindi pensato di applicare le conoscenze che avevo acquisito nel corso del mio dottorato di ricerca e poi come ricercatore nel design delle tavole da surf. L’anno successivo, dopo aver sviluppato al computer un modello di calcolo adatto allo scopo ed averlo proposto a varie aziende del settore, firmai un contratto per lavorare come consulente in esclusiva per Firewire Surfboards, l’azienda con base a Carlsbad, di cui è socio di maggioranza l’undici volte campione del mondo Kelly Slater. Ho così introdotto la tecnologia CFD nel processo di design delle loro tavole, lavorando a fianco di uno dei designer più famosi e innovativi, Daniel “Tomo” Thomson.

Da allora, insieme al team di RED, abbiamo lavorato per alcuni tra i maggiori brand mondiali del surf, come Futures Fins e Dakine, ed anche con realtà più piccole ma che hanno messo al loro centro l’investimento sull’innovazione, come Sequoia Surfboards.

Nelle tue ricerche ed interviste ricorre spesso l’acronimo CFD, ci spieghi cosa vuol dire esattamente?

CFD è l’acronimo di Computational Fluid Dynamics, ovvero fluido dinamica computazionale in inglese. È una tecnologia che si è sviluppata nel mondo aeronautico dopo l’avvento dei computer, a cavallo tra gli anni ’60 e ’70. Si tratta essenzialmente di una galleria del vento virtuale, nel caso dell’aria, o di una vasca navale virtuale, nel caso dell’acqua, dove è possibile simulare il movimento di un fluido attorno ad un oggetto per capirne e migliorarne il comportamento. Oggi è uno strumento adottato praticamente in ogni campo dell’ingegneria e non solo in quelli industriali ma anche in quello dello sport, dalla F1 all’America’s Cup e dal ciclismo al nuoto.

Riccardo Rossi esperto di fluidodinamica e surf

Come viene applicata la fluidodinamica computazionale allo sviluppo delle tavole da surf?

Grazie alla CFD è possibile analizzare il comportamento dell’acqua attorno alla tavola senza che questa debba essere prima costruita. Le analisi si svolgono a partire dal modello della tavola, che viene anch’esso realizzato al computer, imponendo alla stessa un movimento che replica le manovre svolte dal surfista in acqua.

È possibile poi introdurre delle modifiche al design della tavola e valutarne l’effetto sulle forze esercitate dall’acqua sulle superfici della tavola e, di conseguenza, sulle prestazioni della tavola stessa. La complessità dei movimenti svolti dai surfisti e di altre variabili è tale da non rendere possibile una perfetta replica della realtà nel modello di calcolo, ma il modello CFD consente di confrontare diversi design nelle stesse condizioni di funzionamento, cosa non possibile in acqua, se non nel mondo delle wave pools nato di recente, con la possibilità di visualizzare e soprattutto misurare le caratteristiche del flusso d’acqua.

fluidodinamica e surf

Se abbiamo capito bene, i tuoi studi e le tue ricerche si focalizzano in particolar modo sulle pinne della tavola. Quali sono gli elementi da tenere maggiormente in considerazione per una pinna, dato che verrebbe spontaneo, soprattutto ai non addetti ai lavori o esperti come te, scegliere le pinne in base all’estetica?

Si, recentemente ci siamo focalizzati particolarmente sulle pinne grazie alla collaborazione con Futures Fins, azienda con base ad Huntington Beach e sponsor di alcuni tra i surfisti più famosi del campionato del mondo, come l’hawaiano due volte campione del mondo John John Florence. Le pinne rappresentano un elemento importantissimo per il surf professionistico e non solo, in quanto forniscono alla tavola stabilità e controllo che consentono di eseguire manovre particolarmente complesse e radicali.

Ci sono diversi elementi che ne determinano le prestazioni ed in particolare la forma in sezione, detto anche foil, e la forma vista lateralmente, detto anche template, oltre che la rigidezza. Nel caso di Futures Fins tutti questi elementi vengono fusi in una scala detta Ride Number, che aiuta il surfista anche non esperto a selezionare la pinna migliore per il proprio livello e per il tipo di onde che si cavalcano.

Test di fluidodinamica su tavole da surf

 

Il risultato delle tue ricerche nella fluidodinamica applicata al surf rappresenta una nuova rivoluzione tecnologica. Quali ulteriori e significative modifiche di design, credi si possano applicare alle tavole da surf?

Siamo molto orgogliosi del lavoro che abbiamo svolto e soprattutto di essere stati i pionieri di questo campo. L’ Italia non è certo nota per essere la patria del surf ed essere invece diventati consulenti di alcune tra le aziende più famose del settore è motivo di grande soddisfazione per noi. Al tempo stesso il surf è però un ambiente particolarmente conservativo ed è quindi necessario procedere a piccoli passi per innovarlo. Comunque credo che, grazie al lavoro che stiamo facendo nell’educare i designer e produttori di tavole e di pinne ad un approccio più scientifico, sarà possibile introdurre anche nel surf alcune innovazioni che sono già state sperimentate in altri ambiti legati alla fluidodinamica. Per noi è una sfida appassionante alla quale stiamo lavorando!

 

di Severino Ricci

 

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